mercoledì 24 marzo 2010

Carissimo Davide (la lettera di Sofia all'amico portato via dal Sisma)

Non è esattamente in linea con l'obiettivo di questo blog, ma riproduco qui la lettera scritta da mia figlia Sofia e apparsa su Il Centro di oggi (22 marzo 2010). Il giornalista aquilano (e onnese) Giustino Parisse ha fatto visita alla sua classe ieri e la sua professoressa le ha chiesto di scrivere qualcosa per l'evento. Questo è il testo originale.


Pescara, 21 Marzo 2010

Carissimo Davide,
è passato quasi un anno da quella notte.
Sai, ho avuto tanta paura. Tutto tremava: la casa, i letti, i mobili, il mio cuore, tutto. Camminavo trafelata per i corridoi di casa, i piedi che si ferivano nel calpestare i calcinacci e i vetri dei quadri e delle lampade. Un boato, un boato assordante riempiva l'aria e la rendeva pesante, insopportabile. Tutti gli altri suoni arrivavano alle mie orecchie ovattati, distanti, lontani. Appena fuori casa il gelo pungente della brezza primaverile mi riportò alla realtà. I miei occhi videro ciò che non avrebbero mai voluto osservare. Tutto cadeva: i palazzi si sbriciolavano, le persone si buttavano dalle finestre cercando in quell'attimo di pazzia l'unica fuga da quella forza invincibile che avidamente trascinava la mia città nel buio più profondo. Avevo una strana concezione del presente, sapevo ciò stava accadendo ma in ogni caso una remota parte di me si rifiutava di crederci. Insieme a mia sorella mi infilai in macchina. Non sapevo perché ma speravo che entrando lì dentro sarebbe finito tutto. Ma purtroppo non fu così.
La terra tremava ancora, a volte più forte, a volte più piano, ma tremava, sempre. La notte sembrava non finire e quando il sole apparve dietro le montagne stentavo a crederci. Non avevo nessuna idea di cosa stava accadendo al di fuori dell'automobile, ma in ogni caso ero sicura che sarebbe stata una cosa orribile. Infatti non mi sbagliavo. Dopo aver recuperato nonna ed esser andati a Navelli, arrivò la notizia. Quella notizia, la notizia che mi avrebbe strappato lacrime per tutti i giorni a venire, e quando le lacrime avrebbero smesso di segnarmi le guance, avrei sentito lo stesso un vuoto pesante e sempre presente in fondo alla mia anima. Il telefono squillò per 30 interminabili secondi fino a quando mia mamma non rispose. Rimase in silenzio mentre ascoltava ciò che la persona dall'altro lato della cornetta stava dicendo, qualcosa di brutto, poiché l'espressone del suo viso cambiò all'improvviso, da sconvolta a terribilmente addolorata. Una sola e lenta lacrima scese lungo il profilo del suo viso, venne seguita da un'altra, e un'altra e un'altra ancora fino a quando non si unirono ai singhiozzi e non trasformo quel dolore interiore in uno straziante pianto. Quando chiuse il telefono la stetti ad ascoltare. Non volevo credere a ciò che mi diceva, a quella voce che continuava a ripetermi che te n'eri andato via, che eri volato in cielo, che ci avevi lasciato per sempre. Non volevo crederci, non potevo. Mentre mia mamma mi abbracciava e piangevamo insieme, rividi tutti i momenti passati con te. La scuola, le gite scolastiche, le interrogazioni, le partite a pallarilanciata, i giochi a piazza Pasquale Paoli o in Piazza Duomo, le passeggiate per il corso, i pomeriggi al palaghiaccio. Ora che ci penso noi due non eravamo molto legati, tu eri così arrogante e prepotente, io orgogliosa e indipendente, ma quei momenti passati a litigare ora mi sembrano terribilmente dolci, stranamente belli. Quando tu c'eri non mi ero mai resa conto dei tuoi pregi: tu eri dolce, sensibile anche se non sempre lo sembravi, sempre allegro, spensierato, non ti importava di ciò che pensavano gli altri, eri semplice nello spirito, sincero nei sentimenti. Il tuo sorriso ce l'ho costantemente stampato nella mente, le tue risa riempiono le mie orecchie nei momenti più difficili e mi aiutano a superarli. Mi dispiace non averti vicino. Mi dispiace doverti dare delle brutte notizie. Tutti i luoghi che hanno ospitato i momenti passati assieme non ci sono più. Provo grande dolore a doverti dire che la Nostra Piazza Duomo è ora occupata da grandi tende bianche, che il Nostro Piazzale Paoli è ora pieno di buche, che i Nostri Portici sono chiusi, che la Nostra Scuola è rotta, che Tutto è rotto. In un anno è stato fatto tanto e poco: molte persone hanno avuto una casa, un posto in cui vivere, fuori dalla città. Ma il centro storico è stato chiuso per tanto tempo e quando lo hanno aperto lo spettacolo era agghiacciante. Piano piano hanno riaperto un po di Centro alla volta, ma le macerie erano da tutte le parti. Un mese fa gli Aquilani hanno cominciato a protestare, e queste proteste hanno portato alla cosiddetta “Rivolta delle cariole” e lentamente la gente ha liberato il centro dalle macerie. Ci tenevo a dirti ciò poiché so che tenevi tanto a questa città e sono certa che sapere che non è stata abbandonata o dimenticata ti faccia piacere. Prima di salutarti volevo dirti che i momenti passati con te hanno contribuito a formare una persona riflessiva che cerca di aiutare gli altri, in un certo senso più matura. Grazie perché con te ho vissuto dei bellissimi momenti, delle stupende giornate, dei giochi meravigliosi. Grazie perché sei esistito e Grazie perché continuerai a esistere dentro il cuore, l'anima e la mente di chi ha passato delle esperienze con te. Grazie perché le tue risate ci sollevano nei momenti in cui il dolore ci riempie l'anima. Grazie di tutto. Ricordati delle persone che ti hanno voluto bene e di quelle che sempre te ne vorranno. Tanti baci e abbracci anche alla tua mamma e al tuo fratellino.
Con enorme Affetto.
Sofia Lawrence

PS: La sera quando vado a dormire guardo la tua foto. L'ho appesa vicino al mio comodino, così ti posso salutare. La notte sogno il tuo sorriso e le tue risate. MI MANCHI. CI MANCHI.



Nota Bene: L'articolo che descrive la giornata di ieri si può leggere qui: http://ilcentro.gelocal.it/dettaglio/%C2%ABfate-una-carezza-ai-vostri-genitori%C2%BB/1893977

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