lunedì 29 marzo 2010

Grandi opere - trasformare conflitto in consenso (e non temere l’effetto Nimby)

Investire nel dialogo preventivo è più efficace che comunicare decisioni già prese



Si stima che in Italia circa 90% delle grandi opere sono contestate fortemente dalle comunità locali, causando spesso ritardi e aumenti significativi dei costi per le società e gli enti proponenti e per il
sistema Paese.
Chi di noi vuole che si metta una discarica, un carcere, o uno svincolo autostradale a pochi metri dal portone di casa? Infatti, il problema è noto proprio come la Sindrome NIMBY, cioè “non nel mio cortile” in inglese (Not In My Back Yard).

Il gruppo di lavoro di FERPI sulla sindrome di NIMBY sta seguendo con attenzione l’evoluzione della questione in Italia.

Ma se un’attività mirata e coordinata di comunicazione può mitigare l’impatto di eventuali proteste e contestazioni locali, l’efficacia è comunque limitata se cosa fare e dove farlo è già definitivo. Si può fare, ma è un po’ come chiudere il cancello della stalla dopo che le vacche se ne sono andate.

Dialogo Preventivo

L’interpretazione del fenomeno Nimby, quindi, non dovrebbe limitarsi alla sola gestione successiva della comunicazione di un’opera o investimento già programmato. Le imprese e le amministrazioni pubbliche devono essere consapevoli del rischio che corrono quando evitano il confronto preventivo con quei pubblici locali che temono effetti negative per se stessi e le loro comunità.
Non è una questione di facciata. La decisione di promuovere processi partecipativi ha in sé ragioni di efficienza e di economicità; paga di più risolvere le cose bene prima che affrontarle dopo. In altre parole, meglio prevenire che curare.
Ben consapevole dell’utilità di dialogo preventivo con i pubblici locali, la Regione Toscana ha introdotto una specifica legge regionale (n. 69/2007) sulla partecipazione che sostiene finanziariamente i comuni che avviano un processo partecipativo a monte della realizzazione di un progetto di infrastruttura o impianti impattanti.
L’altro motivo che è rischioso confinare la governance della comunicazione solo alla fase realizzativa delle opera ad impatto territoriale e non instaurare un momento di ascolto nella fase di progettazione e pianificazione delle opere è più importante. Qualche volta, quelli che protestano hanno ragione.


Un Caso di Successo

Sergio Vazzoler, responsabile per il gruppo di lavoro NIMBY di FERPI ha pubblicato in questi giorni un interessante articolo/intervista che illumina come un lavoro ben articolato e pianificato di ascolto e comunicazione possa risparmiare tempo e risorse alla collettività, completando opere utili in tempi ragionevoli.

È passato ormai un anno dallo svolgimento della prima esperienza italiana di un confronto pubblico preventivo su una grande opera infrastrutturale (sul modello del débat public già sperimentato ampiamente in Francia).

L’esperimento Italiano si è svolta a Genova attorno all’ipotesi di tracciato della Gronda autostradale di Ponente. Un percorso che ha visto protagonista il lavoro del Professor Luigi Bobbio, esperto in analisi delle politiche pubbliche e in processi decisionali inclusivi che ha ricoperto il ruolo di Presidente della Commissione indipendente, nominata dal Comune di Genova per gestire il dibattito pubblico.

I risultati sono stati consistenti e efficaci. Al termine del dibattito, così com’era stato previsto, la società Autostrade ha comunicato pubblicamente come intende raccogliere gli argomenti emersi e ha formulato una nuova proposta progettuale che si basava su una delle cinque alternative di tracciato che aveva proposto in apertura del dibattito, ma vi introduce notevoli correzioni tenendo conto delle osservazioni e delle proposte formulate dai cittadini. L’impatto sulle case (uno dei problemi più sentiti) è stato ridotto al minimo. Pochi mesi dopo (febbraio 2010), questa ipotesi è stata sancita ufficialmente in un protocollo di intesa tra Anas e enti locali. La società Autostrade ha quindi avviato la progettazione preliminare che concluderà entro quest’anno. Il protocollo stabilisce anche l’istituzione, prevista nel corso del dibattito, di un osservatorio locale (cui parteciperanno anche cittadini eletti) che interloquirà con Autostrade sulla progettazione e poi sulla realizzazione dell’opera. Attualmente l’osservatorio è in via di costituzione.
Il dibattito / campagna è costato 191.000 euro di cui il 73% a carico di Autostrade per l’Italia e il 37% a carico del Comune di Genova. Un quantità irrisoria rispetto al costo dell’opera (tra i 3 e i 4 miliardi). 
Per il progetto “gemello” francese il dibattito dura 4 mesi ed è preceduto da un’attività preparatoria di 6-10 mesi. A Genova i committenti hanno imposto tempi molto più stretti. La fase preparatoria è durata solo un mese e mezzo. Il dibattito vero e proprio è durato tre mesi, dal 6 febbraio al 30 aprile 2009. L’avere a disposizione una scadenza chiaramente definita e nota a tutti è molto importante perché obbliga tutti gli attori a esprimere il proprio punto di vista entro un limite temporale ben chiaro. Il dibattito si è snodato attraverso 14 incontri pubblici il cui calendario è stato comunicato il primo giorno del dibattito. Tutti i soggetti interessanti sapevano quindi dall’inizio come e quando si sarebbe svolto.
Mi pare fondamentale che le imprese proponenti si facciano direttamente carico dei costi di un dibattito pubblico sui loro progetti.


Joshua Lawrence

Delegato FERPI Abruzzo
forwarditalia@tiscali.it




L’intervista completa, ricca di spunti e analisi, si trova presso il sito della FERPI

http://www.ferpi.it/ferpi/novita/notizie_ferpi/notizie_ferpi/nimby-dibattiti-pubblici-e-nuove-sfide/notizia_ferpi/41016/11

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