lunedì 18 gennaio 2010

LA RICOSTRUZIONE BIBLICA DELL’AQUILA (repost)

Una versione simile di questo articolo è stato ospitato su Il Centro domenica 17 gennaio. Siccome mi pare uno squardo sentito su come dev'essere approciato la rinascita della città dell'Aquila, ho chiesto di poterlo ospitare qui.
Joshua

LA RICOSTRUZIONE BIBLICA DELL’AQUILA

Dal 27 al 30 dicembre, presso il convento di Calascio, un gruppo di Gesuiti e di laici aquilani si sono incontrati per riflettere insieme sul grande tema della ri-costruzione della città. L’iniziativa è stata dettata dal tragico evento sismico che ha colpito la città dell’Aquila, ma ha rappresentato anche l’occasione per riflettere più in generale sui grandi temi della costruzione della città intesa come comunità civile nella prospettiva più propria per un cristiano di “costruzione della città dell’uomo a misura d’uomo”.
La domanda, impegnativa ma comunque ineludibile, è stata quella di approfondire se e come la Bibbia oggi, in un società secolarizzata e in un momento storico in cui sembrano prevalere integralismi rigidamente contrapposti, possa ancora dire parole significative e utili per tutti gli uomini impegnati nella costruzione della città.
Lo spunto di riflessione è stato tratto dal profeta Aggeo, la cui azione profetica si muove nel 520 a.c., allorché il popolo ebraico, finalmente tornato dall’esilio babilonese, si trova di fronte all’ardua impresa di ricostruire una Gerusalemme distrutta.
Aggeo invita a provvedere innanzitutto alla costruzione del tempio, luogo e strumento dell’identità cultuale e culturale del popolo ebraico. Invita cioè a proiettarsi in un impresa comune e condivisa (“la mia casa è in rovina, mentre ognuno di voi si dà premura per la propria casa”) che possa essere in grado di superare le visioni individualistiche (“si attendevano venti misure di grano e ce n’erano dieci”) e privatistiche (“avete seminato molto e avete raccolto poco”) e garantire invece le condizioni per una fruttuosa (il grano non “verrà a mancare”) e pacifica convivenza (“in questo luogo porrò la pace”).
Di fronte allo smarrimento degli israeliti, bloccati dal ricordo del “primitivo splendore” del tempio confrontato con le sue attuali condizioni, Aggeo invita a non aver paura (“coraggio, popolo tutto del paese…non temete”) e a non attardarsi nella nostalgia del passato per proiettarsi verso un prospettiva nuova e comunque magnifica (“la gloria futura di questa casa sarà più grande di quella di una volta”).
Al di là dei significati spirituali che questa lettura può ispirare per coloro che vivono una dimensione religiosa dell’esistenza (“parola del Signore, da oggi in poi io vi benedirò”), il profeta Aggeo quale significato può rappresentare per chi è laicamente impegnato oggi nella costruzione della città? In particolare, il messaggio profetico di Aggeo quale direzione può indicare per la ri-costruzione della città dell’Aquila, dopo la distruzione causata dal terremoto del 6 aprile?
Lungi da noi ogni lettura fondamentalistica, che negli ultimi tempi ha assunto anche forme sloganistiche di dubbio significato (“prima le chiese e poi le case…”), a noi sembra che Aggeo, profeta della ricostruzione di Gerusalemme attraverso il tempio, possa invitare tutti noi ad individuare ciò che nella storia della nostra città ha rappresentato una peculiare identità culturale in grado ora di unirci in una prospettiva condivisa di nuova costruzione, vincendo la pericolosa e paralizzante tentazione nostalgica di ricostruire ciò che era esattamente come era.
Si tratta, in altre parole, di guardare al di là degli aspetti esclusivamente materiali della ricostruzione, che spesso sono fonte di visioni e divisioni individualistiche, per individuare invece progetti in grado di unire, di mettere insieme una popolazione ancora troppo dispersa sul territorio. Una dispersione che sembra peraltro consolidarsi, in considerazione delle modalità con le quali sono stati pensati e realizzati i nuclei abitativi del progetto C.A.S.E. e che non è risolvibile solo con la rapida ristrutturazione del centro storico, inteso come mera espressione topografica e commerciale della comunità civile.
L’invito di Aggeo rivolto agli israeliti può oggi rappresentare per tutti uno stimolo a tornare a guardare all’essenziale indistruttibile, nell’individuazione di luoghi e strumenti in grado di facilitare le espressioni comunitarie della città, la cui mancanza – a guadare bene - il sisma del 6 aprile non ha causato, ma forse ha solo rivelato.


Matthias Junker
Ruggero Mariani
Roberto Museo
Stefano Necozione
Gianni Pappalepore

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