giovedì 31 gennaio 2008

Un ecosistema imprenditoriale abruzzese

L’Abruzzo, almeno sulla carta, dovrebbe essere terreno fertile per la creazione di nuove imprese nell’economia della conoscenza. Nonostante la presenza di ben tre poli universitari e di numerosi istituti di ricerca, che sono fondamentali alla creazione di imprese della nuova economia della conoscenza, la nascita di start-up, spin-off e l’attrazione di nuovi investimenti diretti, la Regione non sta tenendo il passo necessario per controbilanciare (e superare) le crisi e le dismissioni industriali in atto sul territorio.

È necessario, allora, chiedersi perché l’Abruzzo fa fatica ad accelerare lo sviluppo dell’economia della conoscenza mentre altre regioni europee (in Irlanda, in Spagna, in Finlandia, ecc) ci hanno superato, spesso partendo addirittura da situazioni meno favorevoli.

Gran parte delle motivazioni del loro successo sono riconducibili al fatto che questi paesi si sono imposti una strategia territoriale che punta sui talenti imprenditoriali e professionali, unita ad una visione di lungo termine e, soprattutto, all’impegno ad alimentare un sistema locale che favorisca la creazione e lo sviluppo delle imprese e del loro sviluppo, dimostrando che, nonostante difficoltà sistemiche (e storiche), un territorio può coltivare un buon ecosistema imprenditoriale.

Queste realtà europee, insieme all’esempio più famoso di ecosistema imprenditoriale, la Silicon Valley, insegnano che nella corsa all’economia della conoscenza il fattore trainante è il radicamento di una visione complessiva dell’innovazione, che favorisca la creazione di una nuovo sapere dell’economia e della cultura nel suo complesso, volto a promuovere l’esistenza di un ecosistema di persone, aziende, finanziatori e enti pubblici molto favorevole alle iniziative innovative del territorio e, in modo particolare, alla creazione di nuove imprese.

Un cambiamento culturale in questo senso non è impossibile, nonostante sia radicata l’abitudine di tanti abruzzesi, persino nella classe dirigente, di cercare scuse nelle particolarità storiche della nostra regione per giustificare i suoi ritardi.

Copiare tout court il modello californiano (o finlandese, ecc.) non è né applicabile, né auspicabile. Lo sviluppo e la competizione passano anche e soprattutto attraverso le particolarità, le differenze e i valori identitari, che sono i punti di forza autoctoni.

Alcuni elementi, tuttavia, sono comuni a tutti i territori di successo, e quindi è necessario conoscerli e impegnarsi a realizzarli anche nella nostra Regione:

1) Gli Enti locali dovrebbero snellire le procedure e abbattere le barriere operative per le imprese. Questo non vuol dire “sviluppo a tutti i costi” (un ambiente trascurato o inquinato rende poco attraente un territorio ai talenti e insopportabile a chi ci abita), ma vuol dire l’eliminazione di barriere amministrative inutili o di parte, assicurando invece tempi brevi e certi, oltre a regole chiare e atti trasparenti;

2) Gli “attori” pubblici e privati dovrebbero realmente “fare sistema”. Gli amministratori pubblici, cioè, devono sostenere progetti sinergici per lo sviluppo e che co-finanziano progetti strategici condivisi e attori e istituzioni privati che impegnano energie in proprio. Tutte le istituzioni, dalle organizzazioni sindacali e di categoria fino al sistema finanziario devono agire con una logica di sistema e agganciarci ad un progetto territoriale condiviso .

3) Deve essere promossa l’incentivazione di una cultura a sostengo dell’iniziativa imprenditoriale diffusa nelle istituzioni, nelle imprese, e soprattutto tra la gente. Chi vuole “fare impresa” dev’essere sostenuto, anche moralmente.

4) Deve essere spinto lo sviluppo di reti fondate sull’etica e la fiducia. Va sostenuta in loco la nascita di reti formali e, soprattutto, informali di imprenditori (e di chi contempla diventarne uno) e di investitori locali (reali e potenziali), potenziando frequenti occasioni di incontro tra loro e tutti gli attori che hanno un interesse di creazione di impresa. Va incentivata la presenza di gruppi di business angel (piccoli investitori in start-up) in un dialogo libero e trasparente tra imprenditori e istituzioni: questa sarebbe una garanzia importante per finanziatori e investitori esterni, nella valutazione di dove e come impegnare le proprie risorse.

5) Va rafforzata la promozione dell’identità pro-sviluppo e i punti di forza già esistenti al pubblico locale e soprattutto ai referenti esterni, anche attraverso la comunicazione dell’attività di promozione diretta a potenziali investitori.

Socrate diceva che non importa in che direzione soffia il vento, ma di avere ben in testa dove si vuole arrivare. Così la mèta sarà assicurata.

di Joshua Lawrence

1 commento:

GrowingAbruzzo ha detto...

ndr: una versione più sintentico è stato pubblicato su Il Centro nel mese di dicembre 2007