sabato 17 gennaio 2009

Investire nel futuro dell'Abruzzo - Conquistare il 2009

Sembra che non passi giorno senza qualche notizia preoccupante sull'economia locale, nazionale o mondiale. Le crisi finanziarie, scatenate solo in parte dalla bolla dei mutui sub-prime in America e altrove, si uniscono ad anni consecutivi di crescita italiana vicina allo zero e ad un rallentamento nei mercati delle esportazioni. I leader industriali del Paese stanno facendo ricorso alla cassa integrazione – molti di loro per la prima volta – a livelli mai visti da anni ed è sempre più raro che un contratto a termine venga rinnovato o convertito in un contratto a tempo indeterminato. Una sfiducia nel futuro sempre più diffusa sta rallentando i consumi quanto gli investimenti, e lo spettro della deflazione, spesso più dolorosa dell'inflazione, sembra essere sempre più vicino.
Ci sono lumi di speranza. Molti hanno fiducia che Obama porterà il cambiamento necessario agli Stati Uniti (che a sua volta darà nuova linfa all'economia mondiale) e la crisi stessa ha fatto venire meno (almeno per ora) una delle sue cause: gli alti costi dell'energia. Inoltre, pare che le dure lezioni imparate dopo la crisi del '29 e quelle successive hanno permesso di evitare il tracollo
Come sottolineato anche da altri su queste pagine, un aumento degli investimenti pubblici può giocare un ruolo importantissimo per il rilancio dell'economia locale e mondiale. Obama negli Stati Uniti ha già attuato una politica di tagli delle imposte, nuovi investimenti in infrastrutture e altri incentivi per combattere la recessione economica e anche in Europa l'eccezionalità della crisi dovrebbe dare ai Paesi membri margini più ampi di spesa pubblica.
Come e con quale velocità l'Abruzzo uscirà dalla recessione dipende anche da come riuscirà a far tesoro dei propri errori (in particolare con la fine degli aiuti strutturali dagli anni 90 in poi) e a cogliere le opportunità per diffondere progetti, culture e prassi virtuose che possano accelerare lo sviluppo di un'economia sostenibile.
I passi fondamentali per creare il necessario “ecosistema imprenditoriale pro-sviluppo” sono pochi, e tutti a portato di mano: a) bisogna assicurare procedure snelle e regole trasparenti, togliendo i troppi freni burocratici. Non vuol dire “sviluppo a tutti i costi”, ma vuol dire l’eliminazione di barriere amministrative inutili o di parte, assicurando invece tempi brevi e certi, oltre a regole chiare e atti trasparenti; b) lavorare per obiettivi condivisi. La frase “far sistema” è stata ripetuta ad nauseam negli ultimi anni, ma dal dire si è passato troppo poco al fare nonostante le grandi linee siano largamente condivise (puntare sul turismo, ambiente, infrastrutture, innovazione e ricerca, formazione e sui distretti di eccellenza già presenti). Tutte le istituzioni, dalle organizzazioni sindacali e di categoria fino al sistema finanziario devono agire con una logica di sistema e agganciarsi ad un progetto territoriale condiviso; c) sostenere una cultura di innovazione. Deve essere promossa l’incentivazione di una cultura a sostegno dell’iniziativa imprenditoriale diffusa nelle istituzioni, nelle imprese, e soprattutto tra la gente. Chi vuole “fare impresa” deve essere sostenuto, anche moralmente; d) facilitare la creazione di reti. Deve essere stimolata la nascita di reti formali e, soprattutto, informali di imprenditori (e di chi sta pensando di diventarlo), di investitori locali (reali e potenziali) e studenti e ricercatori potenziando la frequenza delle occasioni di incontro tra loro e tutti gli attori che hanno un interesse nella creazione di impresa sul territorio. Attenzione, organizzare convegni e spartirsi titoli in testa ad associazioni e consorzi potrebbe addirittura frenare lo sviluppo e l’efficacia di tali reti che funzionano solo quando sono fondate sull’etica, la fiducia reciproca e su obbiettivi condivisi; e) accesso al credito e finanza. L'accesso al credito è la linfa fondamentale per imprese e progetti imprenditoriali e di sviluppo. I benefici derivati dal taglio degli interessi a livello europeo servono a poco se non creano un effettivo aumento di accesso alla liquidità sul territorio; f) marketing territoriale. Promuovere l'Abruzzo e i suoi numerosi elementi di forza agli attori locali e, soprattutto, ai pubblici chiave fuori dalla regione (istituzioni, aziende, investitori, mercati ecc.) diventa ancora più importante in tempi di recessione. Ma la promozione, cioè la pubblicità, i convegni o la partecipazione a fiere è solo una componente del marketing. È necessario agire su tutto il processo di sviluppo e progettare un piano pluriennale di “vendita” del territorio mirato ai pubblici di interesse per le aree di eccellenza della regione.
Durante i periodi di crisi e scarsità di risorse è istintivo concentrarsi sull’immediato, tagliare drasticamente costi e piani di investimento, spinti dal tentativo di limitare i danni.
Ma si tratta certamente di una soluzione a breve termine, una strategia che può diventare molto pericolosa in una prospettiva di lungo periodo, poiché è proprio durante i momenti di crisi che, pur agendo sull’immediato, è ancor più necessario continuare a investire sul futuro, al fine di trovare “domani” una soluzione definitiva. Dalla crisi possono emergere anche delle opportunità per creare le premesse di un futuro migliore per tutti (come ricordato anche dal Capo dello Stato nel discorso di fine anno). Rinunciare in partenza sarebbe un grave errore.
L’Abruzzo, come da più parti sottolineato è ricco di potenzialità ancora in gran parte inespresse. È una regione dove si vive bene (nonostante le varie classifiche sulla qualità della vita), i patrimoni culturali, ambientali ed enogastronomici possono competere con le migliori realtà in Italia e nel mondo, per non parlare della qualità del “capitale umano”, delle persone che lavorano nelle sue aziende, istituzioni e o studiano nelle università e negli istituti di ricerca presenti sul territorio.
Gran parte di quello che si deve fare non richiede enormi spese finanziarie da parte della Regione. Richiede invece la volontà di cambiare rotta e l'impegno della leadership e di tutte le istituzioni regionali. Come diceva John Fitzgerald Kennedy. “Dobbiamo usare il tempo come uno strumento, non come una poltrona.”


una versione leggermente tagliato di questo testo è apparso nella rubrica quotidiano "L'Intervento" de Il Centro oggi, sabato 17 gennaio 2009

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